Ambiente di produzione e variabili climatiche


Pubblicato il: 11/10/2025 | Da: MisterPasta®
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Danilo Curotto Misterpasta tavolo firma consulenza

Pastificare non è cosi semplice come potrebbe sembrare.

Gestire le variabili ambientali è fondamentale per la riuscita della formatura e per la salute mentale del pastaio (!)


Pastificare sembra più facile di altre arti bianche, come la panificazione o la pasticceria: magari fosse cosi.

Dalla pasticceria occorre prendere la precisione, tutto va pesato e misurato, controllato: provate a sbagliare la temperatura di lavorazione dello zucchero o del cioccolato e capirete cosa intendo.

Dalla panificazione occorre prendere la capacità di conoscere le varie farine e trovare quelle adatte alle nostre lavorazioni sapendo quale dovrà essere il risutato finale atteso.

Ma un punto rimane certo, soprattutto per i laboratori artigianali: mantenere costanti le condizioni climatiche della zona di pastificazione  e formatura per avere scostamenti minimi nella ricettazione. Questi partono da lontano, dalle materie prime che annualmente possono variare in termini di qualità e resa, da come vengono stoccate in magazzino (fresco ed asciutto), dalle temperature dei liquidi utilizzati, dai sistemi di miscelazione delle parti in polvere e di idratazione successiva. Se già tutto questo non è facilissimo da gestire aggiungiamoci la differenza fra un ciclo produttivo basato sulla laminazione con uno basato sulla estrusione con temperature totalmente differenti nella uscita dalla formatura, per arrivare finalmente alle condizioni climatiche del laboratorio che, molte volte, sono un rebus per anche un pastaio formato. Classico esempio un laboratorio con cucina collegata ed impianto di aspirazione "potente" che crea flussi d'aria tali da incartare la sfoglia sulla raviolatrice in tempo zero facendomperdere la pazienza anche al più scafato dei pastai.

 

Flussi d'aria sempre indiretti, temperatura il più costante possibile, umidità controllata non sono elementi facili da controllare e tutto parte dalla progettazione della sala produzione. Che temperatura scegliere dipende molto dal ciclo produttivo, teniamo in conto che per mantenere in equilibrio una sfoglia laminata che esce "più fredda" dai cilindri automatici facciamo meno fatica che con un estrusore dove la pasta "deve" scaldarsi per migliorare la formatura (ad alcuni pastai devo a volte ricordare che esistono i sistemi di raffreddamento del manicotto di estrusione che deve anche lui avere una temperatura "il più costante possibile".

Cosa accade ad una pasta estrusa che esce a 40°C ( nel migliore dei casi)  dalla bocca di estrusione e si ritrova in un ambiente "artico". Si incarta in un nano secondo con tutte le problematiche relative, fra cui addirittura delle bottature che sono conosciute molto di più dai pastai che essiccano rispetto agli altri che producono superfresco.

Cosa accade se tutto ciò non è controllato o controllabile? la sfoglia si incarta, le raviolatrici rompono i ravioli, le cappellettatrici non pinzano bene, il pastaio inizia a cercare un sotegno psicologico (!).